Sotto il segno dell’Ariete nasce, il 31 marzo 1927, giovedì, nel Quartiere Operaio Umberto I, alla Spezia, Sergio Fregoso.
La guerra lascia in lui un acuto senso di provvisorietà (quando non sai come sarà il giorno dopo) che lo spinge ad afferrare visivamente l’accadere quotidiano.
Questa frammentazione percettiva del mondo, avvertita come la sostanza stessa della vita, è uno dei tanti segni della sua vocazione alla fotografia. Assunto giovanissimo da una società elettrica locale, fu posto alla lettura dei contatori domestici; lì ebbe la conferma che le cose sono numeri e che la luce sarebbe diventata elemento indispensabile alla sua espressività.
Ha fatto tanti mestieri prima di diventare fotografo e quando decise di acquistare una fotocamera si innamorò, ritrovandosi di colpo con una moglie, tante fotocamere e un suocero maestro. Fotografo di bottega, di cerimonie e di contenziosi, viaggiatore dimostratore.
Un giorno partì, come tanti, dalla sua città. Non capì – è vero – come vanno le cose in questo mondo, ma due o tre idee sulla fotografia ( frutto di duro apprendistato e di leggendarie frequentazioni ) nel bagaglio del ritorno ce le ficcò. Nacque così il gruppo AV 70, che portò nelle scuole e nei quartieri il vento ( e le correnti ) dell’agitato villaggio della comunicazione. Questa si consolidò in un centro – appunto – della comunicazione, voluto dall’Amministrazione comunale, per un corretto rapporto tra territorio e mezzi di comunicazione di massa.
Oggi si chiama Archivi della documentazione fotografica e multimediale a sottolineare – non solo – l’importanza della raccolta e custodia della memoria visiva e audiovisiva della città, ma lo sguardo aperto ai nuovi scenari della tecnologia e alla pluralità dei linguaggi.
Il curriculum, a questo punto, vede l’operatore interessato alla fotografia come pratica sociale, al racconto sequenza, al rapporto territorio/fotografia, alle azioni fotografiche più che alle mostre di fotografia.