DIDATTICA

Andavamo con un grosso prisma ( recuperato da Eugenio alle demolizioni navali ), e con la scatola magica ( una scatola da scarpe che aveva da un lato una lente e dal lato opposto una carta lucida, un piccolo schermo ). Era già una festa quando la scatola veniva appoggiata sul davanzale della finestra: un mormorio accompagnava la visione del mondo a testa in giù e con  tutti i suoi colori…A questo punto, con fare misterioso, mostravamo una busta di carta fotografica, i cui foglietti disponevamo sui banchi della scuola, invitando gli alunni a posarvi sopra quanto avessero a portata di mano: una gomma, un temperino, gli occhiali, una forbice eccetera. Nel frattempo si parlava della luce, della sua azione ( bastava spostare un quadro appeso da tempo..) in attesa del momento magico in cui – meraviglia delle meraviglie – spostando gli oggetti, di essi rimaneva l’impronta che la luce restituiva piatta e fascinosamente alonata da tenui ombre che ne esaltavano le forme.

Era un modo a buon mercato, ma denso di rituali magici, per entrare nel mondo delle figure e della loro fabbricazione. Strappando uno di quei foglietti non si rompeva l’oggetto bensì la sua immagine, che è altro da ciò che rappresenta e da ciò che dell’oggetto percepiamo.

 

Senza contare che, aperta la discussione, partiva una ricerca sulla luce ( con il prisma di Eugenio protagonista ), sui modi della sua manifestazione, sulle nuove parole necessarie a nominare i gesti e i processi attraversati, sulla utilità di tenere un diario delle cose fatte, un verbale delle emozioni, eccetera eccetera. Se un registratore audio avesse seguito l’evento dall’inizio, nuovi e suggestivi percorsi conoscitivi avrebbero accompagnato l’evento stesso. Riflettendo oggi su questi interventi alcune domande si pongono.

Cosa c’eravamo messi in testa? Di diffondere in città il verbo del linguaggio visivo? Di inseguire gli intrecci tra immagine e realtà? Avevamo però la sensazione che qualcosa effettivamente stesse cambiando in questo fare; ed erano i nostri atteggiamenti, il nostro modo di pensare. Tutto questo, certamente, incideva sulla realtà delle cose.

Dispensa “La scatola magica”

©Archivio Sergio Fregoso

La luce, il segno, le impronte

Dispensa “scrivere disegnare con la luce”

Estratto da un incontro Mutuo Soccorso Marola 1979 – L’azione della luce
Estratto da un incontro Mutuo Soccorso Marola 1979 – Segno e significato

Dispensa “L’ombra”

Estratto da un incontro Mutuo Soccorso Marola 1979 “Peso e significato”
Estratto da un incontro Mutuo Soccorso Marola 1979 “La cosa importante”

Fatto a macchina

Le figure e le immagini prodotte dalla luce e dalle macchine ottiche hanno affascinato e sedotto l’umanità.

Dal processo di formazione dell’immagine meccanica, non fatta a mano, noi siamo esclusi.

L’impronta della mano sulla sabbia o l’impressione d’una foglia su un terreno fotosensibile, evocano mistero e magia.

Sono eventi e gesti senza tempo.

Questa parabola è un invito a frequentare i tempi lunghi della riflessione, ad osservare la vita al rallentatore per non farsela scappare. Un invito a percorrere il lungo sentiero della fabbricazione delle figure fatte a macchina.

Ando Gilardi “L’impronta”

L’organizzazione e la composizione dello spazio

L’ordine e la forma

Mettere in ordine vuol dire disporre le cose in un certo modo, come se le mettessimo in fila secondo necessità.

E’ quel che accade fotografando. Il punto di vista scelto colloca il soggetto al posto giusto (secondo l’autore) della scena. Mettere bene le cose è una esigenza interiore , non un gesto di autorità, perché l’immagine è la forma del pensiero.

L’ordine di cui parliamo riguarda l’immagine, non la realtà. Fotografare il disordine è un non senso, perché la sua messa in immagine riorganizza visivamente quella condizione. Ecco perché la ricerca di un equilibrio interiore (che significa una ricerca di pace interiore) può essere contenuta nella fotografia d’un particolare della struttura di un rimorchiatore ormeggiato al Molo Italia.

La ricerca dell’ordine è anche ricerca sul colore e sulle materie. I colori non sono solo belli, distinguono materie e funzioni. Sui luoghi del lavoro e nella segnaletica il colore indica particolari situazioni e comportamenti. Così le materie possono suggerire, nella pagina, pesi e volumi dei manufatti e degli oggetti, manifestare una loro energia compositiva.

La presenza della figura umana è già nelle cose.

Se guardo i solchi della semina che disegnano il paesaggio, e lo costruiscono, non posso non andare al gesto, e alla antica sapienza, di chi l’ha compiuto.

Ci sono poi le forme che chiamiamo spontanee, già pronte per essere fotografate, che la natura ci offre: la forma d’una nuvola, le striature d’una pietra, le onde del mare. L’ordine di queste forme ci sfugge e lo sguardo è incapace di penetrare il mistero. Può solo guidare la camera nel prelievo d’una fetta del visibile.

Dispensa “Mettere in un quadro”

Leggere un’immagine

V. Fiumi

La pubblicità

M. P. Lucchini

Scomponiamo la pubblicità

Scomponiamo la pubblicità – Sergio Fregoso e Gianni Janelli

Dal segno all’animazione

“La tv e i bambini” intervento di Pina Bertocchi

Laboratorio, teatro e animazione

Attrice e narratrice di fiabe Mara Baronti

Intervista a Luzzati su Rodari

La storia di tutte le storie, 1978 (link)

La storia di tutte le storie, frutto di un laboratorio spettacolo, teatro aperto 1974, Antonello Pischedda, Gianni Fenzi, Mara Baronti (direttrice e coordinatrice laboratorio teatro-scuola per la storia di tutte le storie).

Dopo scuola, centri e colonie

Documento Sergio Fregoso

Luca Fregoso

Dispensa “I colori”

M. Serafin

Dispensa “Per un corso di fotografia”

A. Bruni, S. Fregoso, Don Sandro

La radio a scuola

Documento La televisione e la radio come strumento di conoscenza – Sergio Fregoso

Renzo Dadà, Maria Pia Lucchini e Mario Lodi

Il cinema fatto dai bambini – Marcello Piccardo

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