Italo Zannier
Fotografo, saggista, docente in Storia della Tecnica della Fotografia presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Venezia.
“Il fotografo e la città”
Confesso di conoscere poco Sergio Fregoso, intendo come fotografo soprattutto, e quel poco che ho visto del suo lavoro mi e giunto indirettamente; mai con un suo sollecito, con una sua richiesta d’attenzione, com’é fin troppo generale consuetudine, magari per essere inserito in un libro, in una rassegna.
Eppure, Fregoso rappresenta come pochi la fotografia italiana del dopoguerra, con una sensibilità e un entusiasmo singolare anche per la ricerca, la tutela e l’archiviazione delle immagini, nella convinzione che la cultura della fotografia e fondamentale tra i media della contemporaneità non solo ai fini della memoria storica.
Ho incontrato di persona Sergio Fregoso a La Spezia, parecchi anni orsono — quel|’unica volta — quando mi impegnarono in un ampio lavoro di documentazione fotografica della città, con un progetto che previde contemporaneamente un corso riservato ad alcuni ”al|ievi” (fotografi professionisti della città) e un lavoro in progress per tracciare uni’ mmagine sistematica del territorio, in un ”rilievo”che si può definire foto~topografico, realizzato per rigorosi itinerari, da terra a mare, da est a ovest, da nord a sud e così via; un rilievo custodito tuttora negli Archivi del Comune della Spezia, disponibile per qualsiasi ulteriore rivisitazione dell’immagine della città, della sua trasformazione urbanistica ecc.
Fu un’esperienza straordinaria, neppure sufficientemente utilizzata e ”reclamizzata” lnel confronto con altre analoghe iniziative, ancora troppo legate all’ ”estetica“ al|a “creatività” , al fotoamatorismo ecc., e non alla sua capacita narrativa implicitamente ”documentaria” se progettata al di Ià di eccessive pretese creative. Un’illusione di documentarietà, d’accordo, ma fondamentale, come un casellario giudiziale. Sergio Fregoso fu ideatore e testimone quotidiano di questa impresa culturale, e lo conobbi così, con il suo entusiasmo, intelligenza, la fede nella fotografia che tuttora lo animano. Con Fregoso c’era Renzo Chini, sera dopo sera, durante gli incontri-Iezione in una sala del Centro di documentazione e fototeca del Comune; entrambi presenti come umili assistenti e partecipi al dibattito, quando c’era, e Chini particolarmente attento alle ipotesi anche metalinguistiche il “progetto La Spezia” proponeva.
Quello del Comune deila Spezia era gia un Archivio importante che si alimentò comunque con la nuove messe di immagini, tutte indicate con precisione cartografica; un Archivio da far rivivere, anche con la passione di Fregoso. Le problematiche della ricerca, della tutela, della conservazione e infine della utilizzazione della fotografia, vennero allora pionieristicamente alla luce proprio neI|‘Archivio della Spezia con i suggerimenti di Sergio Fregoso; ma tutto ciò può assumere ora un senso se vi é un’ autentica considerazione nel|’input culturale della fotografia, che rischia invece d’essere già considerata una vicenda archeologica, nell’euforia dei nuovi mezzi di visualizzazione e di trasmissione elettronica delle immagini. Ma tutto é iniziato con Daguerre, e la storia recente delle immagini non é altro che il proseguimento di un percorso che non si sa dove andrà a finire,dopo Internet eccetera. L’ attenzione di Sergio Fregoso per le problematiche connesse alla ricerca, a||a conservazione e allo studio della fotografia, va ”uti|izzata” alla Spezia, anche per ridare energia al vecchio Archivio della città, promuovendo studi e ulteriori ricerche, oltretutto tra i giovani fotografi, che rappresentano un momento di passaggio tra due ere deIla fotografia, quel|a della Fotochimica e quella della Fotoelettronica.
Vale qui riproporre,quasi in forma di poesia, una riflessione persino malinconica di Fregoso sulla conservazione delle immagini fotografiche, che gli ho richiesto tempo addietro per la rivista Fotostorica:
Archivio,
Sono immerso nei bagno/ iconico del mio archivio / scatole, buste, cartelle:/ mio,/ città,/ piazza Brin,/ viaggi,/Caran / e tanti ”vedere”con / una o più crocette a / significare una presunta / gerarchia dello sguardo./ Non reggo a lungo a questa / re-visione di materiali / che il tempo ha bloccato / e nascosto e che la luce / ormai lontana ha / generato ma non rivelato./ Perché ti accorgi subito / che il “catalogo” non /sono le immagini / ma la tua vita./ In questi giorni un / pittore mi sta facendo/ il ritratto. lo sono / Ii fermo e tutto si muove attorno./ Così mi sento davanti / alle mie scatole archivio./ Cé troppa animazione,/ ho perso il fermo-immagine.
“Amen fotografia”? Non credo, fino a che ci sarà la passione e Ia competenza di persone come Sergio Fregoso.